Percepire il proprio corpo nello spazio e visualizzare l’ingombro, non più forme chiuse che delimitano il volume, ma proiezioni che si dilatano e propongono nuove prospettive.
Geometrie pulite e prive di eccedenze presentano teatralmente il materico, ingannando lo sguardo veloce che immagazzina il fotogramma chiuso, ma la profondità del desiderio di penetrare il dettaglio innesca il meccanismo dilatativo.
I piani si collegano, prolungamenti invisibili disegnano nuovi volumi, si allacciano, condividono binari immaginari: il vuoto prende forma e lascia un segno, regala alla percezione la certezza di aver vissuto una nuova esperienza.
Come il ricordo di un’esperienza vissuta propone la messa a fuoco di immagini lontane, come la mente si muove per visualizzare il ricordo, il vuoto si propone volume (àncora visiva dell’inconscio) àncora che trattiene peso, il vuoto diventa materia e la materia diventa il pretesto che da vita al vuoto.
Fessure e tagli di luce diventano unico contatto visivo riaprendo la struttura alla chiave di lettura del fotogramma chiuso.
Patrizia Murazzano